“Pasquà non correre.”
Mi viene di raccomandarmi, quelle poche le volte che, dopo essere passato per un saluto, va via dal mio studio e mi tende una mano enorme che nemmeno piega, la stessa che usa per allacciarsi il casco con una delicatezza unica; la sua.
Mi viene di preoccuparmi, ma probabilmente sbaglio. Si sbaglio.
A Settembre scorso ero a Marianella, quartiere a Nord di Napoli famoso per aver dato i Natali ad uno dei Santi piu’ importanti per la Chiesa cattolica, Sant’Alfonso dei Liguori. Dovevo tornare a casa era un po’ tardi e come mio solito ero a piedi; Pasquale, che conoscevo appena, si offri di darmi un passaggio. Io amo camminare a piedi ma il fatto che lui mi avesse offerto una mano mi fece piacere, montai sullo scooter e il conducente, il comandante in quel caso, era lui. Silenzioso come suo solito e per strada attento, sicuro di se, poco smanioso e in tre minuti mi porta a destinazione.
Aveva qualcosa di speciale quel ragazzo, che andava oltre ben oltre una composta apparenza.
A Marzo dell’anno scorso la mia strada incrocia quella di Dario e Ugo;
Dario e Ugo sono due giovani del posto con un enorme passione per la fotografia e una straordinaria umanità, si conoscono da prima della luce ed han passato gran parte della vita insieme.
In quel periodo avevo bisogno di una mano per un progetto Cinematografico e vedendo alcuni loro lavori che mi piacevano provai a coinvolgerli, la risposta fu subito positiva, cosi come le energie che ci avevano fatto incontrare.
Con loro, ogni tanto, c’era un amico, Pasquale.
Paco –cosi lo chiama avvolte Ugo – è un ragazzo di ventinove anni, alto quasi un metro e ottanta, moro, snello e con una straordinaria capacità di piegare arti e muscoli, da seduto riesce ad accavallare le gambe e toccare il pavimento con entrambe. Una volta lo vidi restare un ora in ginocchio ad ascoltare nostri discorsi – Dario dice che non è niente, ci resta anche due ore sulle ginocchia se vuole -. M’impressiono.
Ha un ottima capacità intellettiva, a tratti filosofeggia, ed una meravigliosa sensibilità. Convive da sempre con delle malformazioni che ne limitano i movimenti.
Da bambino è amico dei ragazzi.
Mi capitava spesso, tempo a dietro, di vederlo gironzolare per il quartiere, in realtà con il suo motorino di quartieri ne attraversa un po’ ed in ogni uno di questi ha la sua schiera di amici. Pochi ma buoni.
Da sempre schivo , suscitava in me curiosità.
A Natale ogni anno, e per anni, lo ritrovavo fino alle venti in Piazza a Marianella, davanti alla Chiesa, dietro ad una bancarella che tutte le volte allestiva con due tavolini, un ombrellone da spiaggia a spicchi giallo e blu ed uno schema di fili elettrici che dal palazzo vicino gli portavano corrente in strada. Vendeva presepi.
I suoi presepi.
Tutte le mattine si sveglia alle sette e va a lavoro a Mugnano, con il suo scooter ovviamente, arriva al Bar di famiglia su uno dei Corsi principali di Mugnano, Paese in Provincia di Napoli, e ci resta fino a sera. Ultimamente dice che si stanca perché ormai ha imparato a fare tutto e quindi per certi versi tutti si affidano a lui. Dopo il lavoro, in genere di sera, per tre volte a settimana va in Piscina a nuotare e poi, quando finisce, torna a casa per cena. Pasquale Mangia, ma assai.
Lo spirito laborioso dice di averlo ereditato dal Padre che, mi dicono, aveva avuto, oltre a quello attuale, altri Bar e li aveva sempre gestiti molto bene, a tal punto da dare alla famiglia una vita sempre degna. Un uomo in gamba insomma.
Pasquale questo lo sa e sa pure che il suo amore per i presepi deriva dallo stesso esempio, suo Padre.
Circa dieci anni fa durante il periodo Natalizio lo vedeva preparare il Presepe per casa sua, dice che ne rimase affascinato. L’allestimento della base con il legno, l’aggiunta del sughero, le erbe, i sassolini, le grotte, le luci e in fine i Pastori. I Pastori.
Ogni uomo cresciuto con un educazione cattolica a Napoli ha avuto nella vita un pastore preferito, i miei erano i Puffi. Amavo mettere i Puffi sul mio presepe e la vita mi ha poi detto perché, ma questa è un’altra storia.
Il ragazzo affascinato dalla cura e dalla dedizione che il Padre aveva per quello che faceva decise di iniziare un nuovo percorso, divenne in poco tempo un artigiano, anche se in realtà lo era sempre stato, mi dicono che sin da bambino si ingegnava per aggiustare qualsiasi cosa si rompesse, costruiva presepi. Con tanta volontà e con l’aiuto della famiglia che lo segue è riuscito, nel tempo, a creare nello scantinato di casa sua, in uno degli Isolati popolari del quartiere, un Laboratorio. Un posto a misura d’uomo. Vi si accede scendendo una rampa di scale e quando mi ci porta Pasquale ha con se una lampadina:
Appena giù c’è un corridoio in comune con vari box, molto pulito, Paco ha ritinteggiato da poco di vernice bianca una parete che era stata imbrattata da qualche ragazzino innamorato, lui ama tenere tutto in ordine. Qualche passo e sulla sinistra e si riscende, 8 gradini al buio, lui tira fuori dalla tasca del giubbotto la lampadina l’attacca ad un cavo elettrico ideato e messo in sicurezza, manco a dirlo, da lui stesso, apre il catenaccio e “ Prego Peppe entra”. Sulla sinistra il suo banco di lavoro, e a fila in tutta la stanza presepi da finire. Sulla destra una parete con delle mensole dove appoggia piccoli Barattoli di vernice colorata e i vari ferri del mestiere in modo ordinato, quasi militare. Un po’ più avanti uno stereo a cassette anni 90 che usa per ascoltare musica ed appoggiati ad un’altra parete, uno sull’altro, tanti pezzi di legno già tagliati che in linea di massima non superano i trenta centimetri di lunghezza.
Costruisce presepi Pasquale, e mi chiede di sedermi “ti mostro come si fa” lo accontento ovviamente;
Con le sue lunghe braccia pende uno dei prototipi che ha parcheggiato sulla destra e lo mette sul banco, è ancora una carcassa, tira fuori poi una pistola per lavorare il silicone ed inizia ad incollare i pezzi di sughero. Dove i pezzi non combaciano si serve di un Flex per tagliarli, mi dice che è stata un ottima scelta comprare quel Modello “ un buon investimento, ho fatto bene Pè.”.
Tira fuori un trapano per fare non so cosa anche se qualcosa poi fa e ad un certo punto si ricorda della musica e accende la radio, poi dice “Peppe vedi io l’anno prossimo voglio mettere un’altra volta la bancarella, un ragazzo lo trovo che sta al posto mio, io ora ho il Bar non ho tempo. Ma lo pago a settimana non m’interessa.”. Usa parole classiche del vocabolario di un uomo d’affari – investire, assumere, vendere etc – con estrema naturalezza. Forte Pasquale.
Si fa tardi per me e devo andare, piove a dirotto sento l’acqua che sbatte sulle inferriate a tre metri di profondità, lo saluto lui mi porge l’ enorme mano e mi dice tenendo la mia “Devo far conoscere alla gente quello che faccio Pè. I miei presepi.”
Per lo scorso Natale Pasquale ha deciso di non uscire con suoi lavori per strada, niente bancarella e corrente dal palazzo. Da Settembre suo’ Papà non c’è più. Non se l’è sentita, lo capisco, lo rispetto. Capita di sentirsi smarriti quando perdiamo i nostri fari, si cammina nel buio, per un po’.
Ma poi la luce torna, lascia la mia mano e l’anno prossimo “Pur due, tre presepi l’aggià luà. Lo faccio per lui Pè, per papà.”
Io in un Tempo di giovani e fragili generazioni, di muri di gomma e pance di ansia i Presepi di Pasquale li porterei a spalla per farli ammirare ovunque e a chiunque, ma per le mie spalle mi piacerebbe poter avere la sua forza.
Per ogni spalla la sua forza.
G.