Esistono sempre due storie:la storia di chi vince,e quella di chi perde.
Gli Inglesi una bella passeggiata la chiamano tour. Questi eleganti signori Nord Europei hanno la capacità di racchiudere spesso molte cose in un unica parola,rendendoci talvolta la vita un po’ più semplice.Che poi è un fatto che la nostra attuale società sta assorbendo sempre più velocemente molte di queste parole,dai Drink agli Shorts passando dal più classico dei Wow!?! Una contaminazione Shakespeareana che colpisce ormai gran parte della sfera su cui viviamo.
In realtà, con mio grande sollievo, a casa mia si parla ancora ampiamente il napoletano,con tutta la grazia e la brutalità che questa lingua ha saputo nei secoli trasmettere e regalare,nonostante il boicottamento generale. E a proposito di Tour in questi giorni ho avuto il piacere di guidarne uno nella mia città, ” ‘nu ‘gir ” se così si può ancora dire.
Un gruppo di curiosi “furastieri” messi insieme dal mio amico Andrea di #insolitaitalia ,viaggiatore Aretino che ho conosciuto in Toscana a Natale dello scorso anno.
Con estremo piacere ho provato ad introdurre cinque personalità molto diverse tra loro (per carattere e luogo di appartenenza) nei meandri di un posto dalla storia millenaria, fondato su solide fondamenta Greche e ricoperto da vari strati multietnici e multiculturali, configuratosi in non meno di una quindicina di secoli.
Dagli Egizi, ai Turchi, dai Francesi agli Spagnoli, con gli Inglesi e finanche gli Americani.Tutti insieme appassionatamente, da un certo punto delle loro storie, Napoletani.
Ci ho tenuto a far sapere ai miei insoliti ospiti che oggi ( per ragioni che qui non posso affrontare ) non si conosce gran parte della storia di questa città,e che il Mondo si è forse fermato ad una valutazione veloce e fin troppo superficiale.
Nella piazza dei grandi eventi, ad esempio, facevo notare che quel luogo si era in principio chiamato Largo di Palazzo fino al momento in cui un prepotente ed autocelebrativo conquistatore (uno dei tanti), con le strade ancora sporche di sangue, entrava trionfante in città e, da non invitato senza nulla chiedere, decideva di chiamarla come secondo lui fosse giusto; Piazza del Plebiscito! E si perché come dicevo a Daniele, viaggiatore Romano attento e discreto, ho capito sulla mia pelle che esistono sempre due storie: la storia di chi vince e quella di chi perde.Napoli è una storia a parte,la storia di chi sa ascoltare.
Quella di Salvatore, che ai quartieri Spagnoli con i suoi pennelli sta colorando le strade per cambiare, quella della zia Esterina che so sessantanni che a Forcella vende la frutta anche se oggi ha smesso di strillare, quella di Ciro che a vent’anni da Via Arena porta la piazza dall’altra parte del mare.La storia dei giovani del Rione Sanità che con i fatti rianimano la città, la storia di Vincenzo che a Scampia sono anni che per i suoi bambini strappa ore alla strada.La storia di James che oltre i stettantanni questa città proprio non sa smettere di volerla cantare.Napoli è la storia mia,di chi cercava un letto per sognare.La storia di Marco,di Antonio,di Laetitia,di Daniele,di Andrea e di Tiziana, di chi sa spesso poco o nulla prima di arrivare e che, come sempre, dopo aver ascoltato le sue vene pulsare non vede l’ora di tornare.
Giuseppe Di Vaio