Dove “a signor” si preoccupava non tanto della cena, se mai della spesa.
La spesa: La cadenza nella voce è tipica di chi vive il quartiere da tre generazioni, accompagna al suono un po’ rauco un immancabile gestualità,ancor più tipica di vicoli come questo.Capelli legati, borsa nera stretta al braccio sinistro,poggia per terra una busta di plastica appena riempita,credo dal salumiere.La ascolto poco distante. Sembra posseduta dall’idea di dover dimostrare al fidanzato senza nome della figlia che lei la “robba bon” la sa comprare. A casa sua solo roba buona. Racconta a voce alta che la sera il ragazzo sarebbe stato ospite a casa e che ogni volta non sapeva che cucinare, perché “stu uaglion” aveva mille vizzi. Il fruttivendolo ambulante lungo Via Nilo, nel cuore della città vecchia,sul suo furgoncino bianco di frutta ne aveva,di ogni tipo. “Signo’ aranc’ so bon, pigliatv doi pumnarullell ro Vesuvio.Uardat c’puparuol” la signora, del resto, troppo presa dal suo racconto nemmeno lo ascolta, concentrata, non può assolutamente sbagliare: “Mi raccomando giuvino’,chi o sent o jennr’ mi! chill s’lament semp ra mamm. Ieri sera a tavola diceva che questa Cristiana non è mai capace di portare a casa un po di frutta saporita. Mah… io proprio non capisco. Giuvino stu uaglion sta sprut e na Banana comm si deve!”.
Su in alto un anziana signora si affaccia dalla finestra,allunga le braccia verso sinistra e stende una piccola pezza rosa, da un occhiata giù nel vico richiude la finestra e rientra. E’ ora di pranzo da queste parti il momento è critico, ci tengono assai, non si può sbagliare.
Dove “sprut” in Napoletano si usa per identificare il desiderio. Dove il teatro nasce per strada. Dove ognuno con la spesa fa quel che può.
Giuseppe Divaio
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